Dichiarazione
dell’assessore alla Cultura, Ivan Cardamone.
“Lo scontro consumatosi
tra la Cei e il premier Conte, sulla prosecuzione della chiusura delle messe
con la partecipazione dei fedeli, ha rappresentato un forte momento di
riflessione sul bisogno spirituale di migliaia e migliaia di italiani in questo
particolare momento. Il Governo ha dovere di ascoltare e affrontare le
problematiche nascenti dalla pandemia per i risvolti negativi che derivano da
questa quarantena, che non sono solo di natura scientifica. Le osservazioni
arrivate dall’episcopato italiano hanno visto la Presidenza del Consiglio fare
un immediato passo indietro, poco dopo la conferenza stampa di domenica sera e
prima ancora della pubblicazione del nuovo DPCM che riguarda le aperture
consentite dal prossimo 4 maggio. La Chiesa ha fatto sentire la propria voce in
maniera forte, dopo aver condiviso con grande senso di responsabilità tutti i
provvedimenti adottati dallo Stato, fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria.
Oggi, però, appare una enorme contraddizione l’aver consentito la riapertura di
alcune fabbriche oppure di parchi e giardini, estendendo dall’altro il
“lockdown” per la celebrazione delle Sante Messe. Per il Governo, gli ingressi
contingentati e le regole del distanziamento sociale non possono valere anche
per i luoghi di culto? L’Episcopato ha addirittura parlato di una “violazione
della libertà di culto”: sembra essere tornati molto indietro nel tempo, tanto
da legittimare forti preoccupazioni su una presunta prevaricazione dei poteri
dello Stato rispetto all’autonomia della chiesa. Ebbene, gli italiani dalla
“fase 2” si sarebbero aspettati comunicazioni di altro genere, tempi e scadenze
certe con cui lasciarsi alle spalle la “fase 1” e programmare così una graduale
ripartenza nel rispetto della sicurezza. E invece, non si è fatto altro che
rimandare gettando nello sconforto anche milioni di fedeli che, ora più che
mai, hanno bisogno di ascolto, aiuto e supporto”.