”Per salvare l’umanità è necessario tutelare la biodiversità” – E’ quanto sostengono in una nota Giuseppe Gigliotti, vice presidente regionale Italia Nostra ed Ester Dogliani, responsabile difesa dei consumatori lametini.
“A rischiare l’estinzione non sono solo la fauna, la flora, o il pianeta. Senza l’uomo, come vediamo nelle nostre città, la natura riprende vigorosamente vita. E spazio. Invece, siamo noi umani le prime vittime dell’Antropocene: oggi, tutti”.
È il monito più significativo che risuona dal fragore dell’attuale pandemia: salviamo l’umanità, proteggendo la biodiversità. Non è uno slogan naif, non è retorica buonista: è quanto affermano le principali organizzazioni intergovernative, insieme ad alcuni tra i maggiori scienziati al mondo. La distruzione della biodiversità naturale ha provocato l’attuale pandemia e creerà le premesse per nuove emergenze virali a livello planetario.
Il dissesto degli habitat naturali, la deforestazione, l’inquinamento antropico sono le principali concause della diffusione di virus come il Covid-19, che assumono una portata pandemica a causa di un sistema socio–economico globalizzato i cui effetti distorti sono megalopoli sovrappopolate, dove negli slum le misere condizioni di vita dei singoli attentano a qualsiasi standard di salute collettiva”.
Il virus aerobico  non si ferma davanti a protezioni economiche, né riconosce confini o standard sociali: chi ha di più, non ha recinti alti abbastanza per nascondersi. In una necessaria visione olistica di natura e umanità, preservare la biodiversità significa salvarci da nuove pandemie. La crisi attuale nasce perché tutto è collegato: abbiamo creato un sistema che è stato poco o niente rispettoso dell’ambiente. Invadiamo foreste tropicali e paesaggi selvaggi, che ospitano così tante specie di animali e piante, e all’interno di quelle creature, così tanti virus sconosciuti. Tagliamo gli alberi; uccidiamo gli animali o li mettiamo in gabbia e li mandiamo ai mercati. Distruggiamo gli ecosistemi e liberiamo i virus dai loro ospiti naturali. Quando ciò accade, questi virus hanno bisogno di un nuovo ospite. Spesso, quell’ospite siamo noi. Questo legame tra zoonosi come nel caso del Coronavirus e la questione ambientale è oggi messo in luce dalle principali organizzazioni intergovernative mondiali come l’Oms e le Nazioni Unite. E anche dal recente studio del Wwf “Malattie trasmissibili e cambiamento climatico” che ricorda come le principali epidemie degli ultimi anni – Ebola, Sars, Mers, influenza aviaria e suina o anche l’Hiv – siano di origine animale.
La loro diffusione è generata dalla riduzione delle barriere naturali che per secoli hanno creato un argine al contagio. In sintesi: il sistema economico esige terra e risorse e quindi si procede con la deforestazione massiva; questa distruzione di biodiversità provoca il traffico di animali, che principalmente in Asia e in Africa comporta due effetti: specie selvatiche che scappano nelle zone urbane o che finiscono negli “wet market”. Da lì, questi potenziali ospiti virali possono arrivare a infettare gli esseri umani. Prima invece le grandi foreste, abitate da una ricchissima biodiversità, impedivano le trasmissioni tramite l’effetto diluizione: i virus erano bloccati trovando molti ostacoli di propagazione in specie non recettive. Non c'è amore verso noi stessi se non ci prendiamo cura dell'ambiente. Questa è la principale lezione che impartisce all'umanità il coronavirus”.