Oltre 40 mila imprese del comparto turistico italiano
rischiano il fallimento a causa della perdita di solidità finanziaria
alimentata dalla crisi sanitaria del coronavirus con una contrazione del
fatturato di almeno 10 miliardi di euro. Una mortalità imprenditoriale che si
ripercuoterebbe immediatamente sul mercato del lavoro con una perdita di oltre
184 mila posti. Una potenziale mortalità , i cui sentori, si sono avvertiti giÃ
nei primi tre mesi dell’anno in corso: è pari a quasi 7 mila unità in meno, contro
un calo di 6 mila del primo trimestre 2019, infatti, il saldo tra le imprese
iscritte e quelle cessate. Il peggiore bilancio della nati-mortalità del
sistema turistico dal 1995 ad oggi. In Calabria, il quadro sarebbe altrettanto
preoccupante: oltre 1.200 imprese in meno nel primo trimestre del 2020 con
una perdita di quasi 4 mila posti di lavoro. È lo scenario prospettato da
Demoskopika, per l’anno in corso, nell’ipotesi di una graduale cessazione degli
effetti della crisi sanitaria e nella quasi totale assenza di provvedimenti
mirati per la ripresa del sistema turistico da parte delle istituzioni ai vari
livelli. "Migliaia di posti di lavoro nel comparto turistico - commenta
il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – sono appesi al filo di un
integrato piano di provvedimenti che deve sostenere il sistema a superare la
crisi in tempi rapidi. Un organico pacchetto di misure che, almeno ad oggi,
stenta a vedere la luce e senza il quale sarà difficile coprire le insolvenze e
scongiurare i fallimenti degli operatori della filiera. È necessario mettere in
campo un piano integrato suddiviso in alcune sezioni attuative. In primo luogo
misure di sostegno economico per gli adeguamenti sanitari necessari alla
ripartenza in sicurezza (suddivisione spazi comuni per il distanziamento
sociale, ammodernamento tecnologico per self-check in, sanificazione locali,
etc.); in secondo luogo occorre strutturare provvedimenti mirati a sostenere la
liquidità delle imprese del comparto anche mediante finanziamenti a “tasso
zero” e a fondo perduto, buoni vacanza per le famiglie o detrazione della spesa
dei soggiorni, smobilizzo immediato dei crediti delle imprese verso la pubblica
amministrazione oltre a modalità di sgravio fiscale e contributivo; in terzo,
luogo, puntare a valorizzare i sistemi turistici regionali tempificando le
azioni di promozione in relazione ai differenti gruppi di turisti (identitari,
esterofili, nazionalisti e stranieri). Tutto ciò va realizzato in costante
condivisione tra i vari livelli istituzionali per scongiurare che l’inevitabile
competizione già in atto tra i sistemi turistici regionali possa generare
livelli qualitativamente discriminanti".
Mortalità : -7mila imprese nei primi tre mesi del 2020
Il saldo tra iscrizioni e cessazioni delle imprese del
settore turistico risente delle restrizioni necessarie per frenare l’avanzata
della pandemia del Covid-19. Nel primo trimestre dell’anno in corso, infatti,
elaborando i dati del sistema Unioncamere-Infocamere si conteggiano ben
6.843 imprese in meno contro un calo di 6.035 nel 2019 e di 5.560 nel 2018. Il
peggiore bilancio della nati-mortalità del sistema turistico degli ultimi 25
anni. Un andamento negativo confermato anche dall’analisi della serie storica
del tasso di crescita quale rapporto tra il saldo fra iscrizioni e
cessazioni rilevato a fine trimestre e lo stock delle imprese registrate alla
fine dell’anno precedente. In particolare, nei primi tre mesi del 2020, il
tasso di crescita demografica delle imprese ha registrato il più alto valore
negativo dal 1996 ad oggi: si parte da uno 0,22% del 1996 per arrivare al
valore più elevato dell’1,44% nella prima parte dell’anno in corso. Si tratta
di un andamento negativo che si riflette anche a livello territoriale. È il Piemonte,
con l’1,79%, a registrare il più elevato tasso di decrescita immediatamente
preceduto dal Friuli Venezia Giulia (-1,77%) e dalle Marche (-1,76%). Sul
versante opposto, i sistemi turistici locali con una riduzione minore del
rapporto tra il saldo fra iscrizioni e cessazioni, quindi “più performanti”,
risultano il Trentino-Alto Adige (-0,75%) seguito dalla Valle d’Aosta (-1,12%)
e, infine, dalla Campania (-1,14%). La Calabria, con un tasso di
crescita dell’1,56%, si colloca al di sopra della media nazionale per valori
negativi dell’indicatore.
Scenari economici: oltre 40 mila imprese turistiche rischiano
il default
Una rallentata uscita dall’emergenza sanitaria del Covid-19
accompagnata da un tardivo innesto di liquidità nel sistema economico alimenterebbe
la perdita di solidità finanziaria rendendo molto complicata la copertura delle
insolvenze. Possibile conseguenza? Poco più di 40 mila imprese potrebbero
essere costrette a dichiarare il fallimento entro la fine del 2020 con una
perdita di 9.629 milioni di fatturato. Nonostante l’ipotesi di applicare la
percentuale media nazionale di “rischio default” per il sistema turistico, pari
a quasi il 10%, indistintamente a tutte le regioni, senza differenti pesi,
offra un quadro non esaustivo della stima, ciò non toglie il merito di fare
emergere uno scenario preliminare di ciò che potrebbe accadere a livello
territoriale. Poco più della metà dei fallimenti, pari a 20.183 imprese,
sarebbe concentrata nei sistemi a maggiore numerosità imprenditoriale per il comparto
turistico italiano: Lombardia con 5.665 imprese, Lazio con 4.544 imprese,
Campania con 3.896 imprese, Veneto con 3.071 imprese e Emilia-Romagna con 3.007
imprese. Per quanto riguarda lo scenario calabrese, circa 3 imprese a rischio
fallimento su 100 italiane potrebbero verificarsi in questa sistema turistico
regionale: 1.229 imprese a rischio default.
Lavoro: 1 addetto su 10 potrebbe restare senza occupazione
La mortalità imprenditoriale si ripercuoterebbe
immediatamente sul mercato del lavoro. Sarebbero poco più di 184 mila, infatti,
i posti che andrebbero in fumo come diretta conseguenza dell’uscita definitiva
dal mercato di migliaia di imprese nel settore turistico del Belpaese. Poco
meno di 31 mila sarebbe la perdita quantificata nel solo sistema turistico
della Lombardia a cui seguirebbero il Veneto (-18.597 addetti), il Lazio
(-18.095 addetti), l’Emilia-Romagna (-16.823 addetti) e la Toscana (-14.302
addetti). A seguire, in una fascia di perdita tra i 7 mila e i 10 mila posti di
lavoro, la Campania (-12.643), il Piemonte (-11.158 addetti), la Puglia
(-10.092 addetti), la Sicilia (-9.629 addetti) e, infine, il Trentino-Alto
Adige (-7.537 addetti). Al di sotto di questa soglia si collocano i rimanenti
sistemi turistici locali: Liguria (-6.307 addetti), Sardegna (-5.778 addetti),
Marche (-5.082 addetti), Abruzzo (-4.079 addetti), Calabria (-3.906 addetti),
Friuli Venezia Giulia (-3.846 addetti). In coda, infine, per il rischio di
perdita di posti di lavoro in valore assoluto, si collocano Umbria (-2.625
addetti), Basilicata (-1.289 addetti), Valle d’Aosta (895 addetti) e Molise
(667 addetti).
Breve nota metodologica
Per definire l’universo delle imprese e del numero degli
addetti sono stati elaborati i dati di Unioncamere
relativi alla sezione Ateco delle “Attività dei servizi di alloggio
e ristorazione” e della divisione “Attività dei servizi delle agenzia di
viaggio, dei tour operator e servizi di prenotazione e attività connesse” della
sezione “Noleggio, Agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese”. Dal
1995 al 2008, la serie storica delle imprese è stata rilevata, analizzando la
sezione ATECO H “Alberghi e ristoranti” e la divisione I63 “Attività ausiliarie
dei trasporti e agenzia di viaggio”. Per la stima del rischio default per le
imprese, inoltre, è stata applicata in maniera lineare per ciascuna regione, il
valore medio dei due scenari “soft” (7,9%) e “hard” (11,7%) per il settore
turistico ricavati dal Cerved Rating Agency quali livelli di
probabilità di default del sistema imprenditoriale nello studio “Impact of
the Coronavirus on the Italian non-financial corporates”. Per la stima della
perdita dei posti di lavoro, infine, il valore medio degli addetti per impresa
di ciascuna regione è stato moltiplicato per il corrispondente numero delle
imprese “a rischio fallimento”.