La ricorrenza dell'otto marzo quest'anno deve essere occasione per riflettere sulle condizioni delle donne, duramente provate dalla pandemia. I dati che giungono dal mondo del lavoro confermano, purtroppo, che le disuguaglianze tra uomini e donne si sono drammaticamente amplificate, tanto che le Nazioni Unite hanno pubblicato un rapporto dal titolo molto significativo: The Impact of COVID-19 on Women.
L'impatto economico della pandemia sulla nostra società è stato, è e sarà grave. Secondo le Nazioni Unite le donne rappresentano una categoria particolarmente colpita e i dati Istat lo confermano, visto che nel mese di dicembre 2020, su 101 mila nuovi disoccupati, 99 mila sono risultate essere donne.

La grave crisi economica conseguente alla diffusione del virus ha colpito soprattutto il mondo dei servizi, dell'assistenza, del lavoro domestico, della ristorazione e del turismo, ambiti in cui prevale l'occupazione femminile, spesso con contratti part time o assenza di contratti, che hanno reso difficile se non impossibile il ricorso a ristori.
Un ulteriore problema che la pandemia, con le conseguenti chiusure, ha posto in evidenza è l'aumento dei casi di violenza domestica, anche a causa del lungo tempo trascorso all'interno dell'abitazione, nelle condizioni di stress emotivo che abbiamo subito e continuiamo a subire tutti.

In Italia i dati aggiornati sui femminicidi, esito estremo di violenze domestiche che si manifestano attraverso diverse e molteplici forme, non lasciano spazio a facili ottimismi e ci dovrebbero vedere coinvolti tutti, in modo trasversale, nell'affrontare quella che è una vera tragedia nazionale.

La mia sensazione, invece, è che spesso la lotta per i diritti delle donne, diritti inalienabili di pari dignità e opportunità, sia uno slogan di propaganda, un pourparler che non si traduce nei fatti in azioni concrete.

Nella nostra regione, per esempio, i dati sull'occupazione femminile già prima della pandemia mostravano una realtà più vicina a quella di paesi come il Pakistan che a quella degli altri paesi europei e non si può negare lo stretto legame che esiste tra autonomia economica e autodeterminazione.

Quante sono le donne costrette a subire condizioni di violenza, che sia fisica, economica e/o psicologica, costrette a rimanere nel proprio stato di subalternità e anche di rischio di vita perché non hanno la possibilità di garantire per sé e per i propri figli un'autonomia economica?

Ciò che mi viene da dire in merito alla condizione di molte, troppe donne calabresi è che all'interno della mai risolta questione meridionale esiste una questione femminile che ne rappresenta il nocciolo e che va affrontata cercando strategie di promozione del lavoro femminile che favoriscano in modo strategico le donne che vogliono emanciparsi da condizioni di violenza domestica anche mediante apposite leggi regionali.
Il problema della violenza domestica va affrontato anche dal punto di vista culturale, coinvolgendo direttamente le scuole di ogni ordine e grado in percorsi di educazione alla pari dignità di uomini e donne e va affrontato anche dal punto di vista sociale, favorendo la costruzione di contesti di mediazione e accompagnamento per coppie in difficoltà a cui si acceda gratuitamente per favorire il recupero, se e quando possibile, della famiglia, il luogo per eccellenza dove si formano i futuri cittadini, o per accompagnare le donne vittime di soprusi e violenze a emanciparsi dalla situazione familiare.
Siamo tutti consapevoli che ciò che offre la regione attualmente non è sufficiente e l'investimento perché si creino le migliori condizioni possibili su cui fondare la costruzione di famiglie eteronormate ed equilibrate nei ruoli e nei rapporti, deve essere una priorità, se vogliamo lavorare per una società sana e matura, emancipata e democratica, equa.

Ecco, dunque, che, nell'augurare a tutte le donne una buona festa della donna, ci tengo a sottolineare l'importanza di favorire un maggiore protagonismo femminile nella politica regionale, perché una maggiore prospettiva di genere è un valore aggiunto, come dimostra il coerente protagonismo dell'unica donna segretario di partito attualmente presente sulla scena politica italiana, l'unica che ha avuto il coraggio di dire no a un governo che mette in serio pericolo la sovranità del nostro popolo, e lo ha fatto senza alcuna ambiguità.

Prof.ssa Anna De Gaio