di Luigi Brigante- Dalla notizia dell’affidamento dell’incarico da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Prof. MArio Draghi, ex governatore della BCE dal 2011, nel silenzio più totale delle maggiori testate giornalistiche e televisive, il docente di economia dell’Università di Pisa, ed ex parlamentare, Valerio Malvezzi ha denunciato l’esistenza di un report economico fatto dall’organizzazione internazionale “Gruppo dei Trenta”, recante la firma dell’attuale premier, sostenendo non solo un palese conflitto di interessi tra mondo bancario e istituzioni, ma anche un programma politico occulto non pubblicamente dichiarato o segnalato, le cui ripercussioni economiche sarebbero devastanti per la nostra economia specificamente. Originariamente il G30 nasce come il “Gruppo di Bellagio”, istituito nel 1963 da David Rockfeller per superare il sistema di Bretton Woods del 1944 (ponendo fine alla stabilità delle regole sui mercati monetari a favore della fluttuazione dei cambi), sul lago di Como. Venne ricostituito nel 1978 col nuovo nome “Group of Thirty” (G30) da Geoffrey Bell su iniziativa della Fondazione Rockefeller, con sede a Washington. E’ composto da 28 membri ordinari, più 8 membri Senior e 16 membri emeriti tra i massimi esponenti dell’economia accademica, dell’alta finanza e del mondo bancario. Questi soggetti si confrontano sui temi di interesse economico e sulle loro ripercussioni applicative nei settori pubblico e privato, riunendosi in seduta plenaria due volte all’anno. Il 14 dicembre 2020 Mario Draghi, membro Senior da molto tempo di questo club esclusivo, annuncia la stesura di uno studio, a cura di una commissione da lui presieduta (con tanto di ‘special thanks’) sulla “Rivitalizzazione e ristrutturazione del settore imprenditoriale dopo il Covid” - anche se in inglese ‘corporate’ si intende la grande impresa e non quelle piccole-medie (utile per la nostra analisi) - cioè detta delle vere linee guida ai ‘policymakers’, i politici, su come risollevare economia e imprese: quali aziende assistere, criteri di scelta e modalità di assistenza; mediante scelte difficili che determineranno nella prossima decade la “forza e la resilienza” delle loro economie. Scelte difficili dettate dalla ventura crisi di solvibilità che colpirà la maggior parte del tessuto imprenditoriale piccolo/medio causato dall’emergenza sanitaria attuale e che sostanzialmente poggia su queste direttrici:

1.       Programmi mirati di credito per incoraggiare le imprese redditizie e solvibili;

2.       Politiche per incoraggiare investimenti azionari nelle imprese redditizie;

3.       Consentire la ristrutturazione dei bilanci delle imprese (cioè pagamento dei debiti) con procedure più snelle e meno costose, modificando anche le leggi sul fallimento.

Inoltre, si legge nel report qui scaricabile in inglese(Group of Thirty), si teorizza una cosiddetta “distruzione creatrice” con cui i governi dovranno incoraggiare le trasformazioni aziendali necessarie e gli aggiustamenti nell’occupazione, cioè incentivare le imprese solide, quelle più grandi (‘corporates’), al posto delle altre, definite nello stesso report “Firms zombies” (imprese zombie): quelle che non sono capaci da sé di coprire i loro debiti e che dipendono dai loro creditori per la loro esistenza nonché dai pochi sussidi statali elargiti in questa fase. Dunque, sostengono che bisogna togliere risorse, statali e private, a queste imprese, la maggior parte piccole e micro imprese, che sono circa il 25% del nostro PIL, per puntare tutto su quelle più grandi le quali assorbiranno le imprese che falliranno e i lavoratori disoccupati. In effetti questo scenario si sta già delineando da inizio pandemia in quanto i soli ristori del governo hanno coperto in media circa l’8% delle perdite di bilancio, con tasse solo sospese di proroga in proroga e un blocco dei licenziamenti prossimo alla fine. Ed è notizia recente, se guardiamo il punto n.1 di cui sopra, che la Banca d’Italia ha emesso una circolare circa il monitoraggio delle attività istruttorie delle banche relative ai settori in black list, i settori più colpiti dal covid, che andrebbe rinforzato ulteriormente per potervi accedere. Una volta entrato in lista nera è difficile ottenere credito se non presentando un business plan e un piano di guadagni futuri, cosa impossibile in un momento di incertezza economica derivato da aperture e chiusure intermittenti. Le risorse così risparmiate dovranno essere investite nei due settori principali su cui si baserà questo “reset” aziendale: DIGITALIZZAZIONE E GREEN ECONOMY, cioè le principali voci di finanziamento del piano di prestiti del Recovery Fund. Parole non tanto diverse da quelle impiegate dal Senatore a vita Mario Monti, anche lui consulente in Goldman Sachs come Draghi, rilasciate nel gennaio 2021 al Corriere della Sera: “Diviene importante porsi con urgenza il problema di quanto abbia senso ristorare a debito, cioè a spese degli italiani di domani, le perdite subite a causa del lockdown, quando per molte attività sarebbe meglio che lo Stato favorisse la ristrutturazione o la chiusura per destinare le risorse ad attività che si svilupperanno, invece che a quelle che purtroppo non avranno un domani.”

Questa visione viene ricalcata nelle conclusioni del report, in cui si chiede ai governi di fare perno su questi principi di azione:

       ridurre gli aiuti su larga scala a favore di investimenti mirati su imprese affidabili e più solide;

       affidarsi al settore privato bancario per ristrutturare i bilanci in difficoltà;

       investire in azioni o quasi azioni di imprese solide e innovative;

       facilitare la ristrutturazione e le procedure di insolvenza mediante modifica delle leggi sul fallimento;  essenziali per favorire la resilienza e la ricrescita dei vari Paesi.

Un vero e proprio inno ad un nuovo darwinismo socio-economico che non tiene conto delle aziende a gestione familiare e di un tessuto imprenditoriale nazionale costituito principalmente sulle piccole aziende o singoli commercianti. E loro, giustamente, si augurano che questo report possa favorire lo sviluppo di politiche che raggiungano questi obiettivi sopracitati ( “We hope this report can be support the development of policy actions that achieve these importants goals”). La domanda sorge spontanea: siamo sicuri che il nostro Premier, non abbia già in mente cosa fare? In effetti il suo programma è apparso molto enigmatico a parte la forte impronta europeista di “nuove cessioni di sovranità” e di uso del Recovery, la cui gestione è stata affidata ad una società di consulenza importante, e vicina al mondo finanziario da cui Egli proviene, la McKinsey. Un’azienda terza che avrà accesso ad informazioni sensibili sulle nostre risorse e sulla nostra economia. Non proprio il massimo della trasparenza. Oltretutto sappiamo che nell’agenda di governo c’è la riforma del processo civile, che toccherà solamente la parte sulle espropriazioni individuali da parte degli istituti di credito e banche (che sono anche una condizione posta dal regolamente attuativo del Recovery ai fini della concessione del medesimo). Non resta che attendere i riscontri fattuali ma queste premesse sono a dir poco inquietanti e non di buon auspicio per il nostro Paese, considerando che ci stiamo affidando a colui il quale, da dirigente del Tesoro tra il 1991 e il 2001, ha posto in essere la più grande opera di privatizzazione del nostro Paese i cui effetti e mancanze li stiamo tuttora vivendo; asset strategici venduti a multinazionali (tipo Alitalia, Sip, Enel, Eni, etc.) in occasione di una riunione avvenuta sul panfilo inglese ‘Britannia’ ( il discorso è stato recentemente pubblicato sul web) mentre, nello stesso giorno, le persone oneste e i siciliani piangevano la morte del giudice Falcone e della sua scorta. Un soggetto che salvò l’Euro nel 2011 comprando i titoli di Stato dei Paesi membri come ultima istanza, e solo dopo un attacco speculativo ormai compiuto che ha danneggiato fortemente l’Italia, con salita vertiginosa dello spread a causa di una svendita di massa di nostri titoli detenuti dalla Deutsche Bank. E infatti il Prof. Mario Draghi è stato insignito il 31 gennaio 2020 dalla Germania della Gran Croce d’Onore al merito ‘per aver salvato la moneta in un momento di crisi profonda’. La storia sicuramente ci fornisce delle notizie oggettive che non vanno sottovalutate e anche stavolta parlerà per i posteri, ma non per chi già sa come andrà a finire.