Rubrica- "Pensare Altrimenti"

 di Luigi Brigante 


Nella sua ultima rubrica settimanale su Radio Radio, il Prof. Malvezzi ha sganciato la bomba sull’intenzione delle istituzioni europee di introdurre un nuovo sistema di tassazione ‘equa’ per le imprese e la creazione di un ‘sistema europeo dei capitali’. Queste sono le parole, contenute nel documento del 18 maggio 2021 “Remarks on business taxation 21”, rese in una conferenza stampa presso la Commissione Europea dal Vice-Presidente Esecutivo Dombrovskis (uno dei più ligi burocrati dell’austerità neoliberale). Mi son preso la briga di leggerlo e tradurlo per capirne meglio il contenuto e rimango sempre più scioccato dalla spudoratezza e dal linguaggio da ‘travet’ di tali soggetti, che nulla più nascondono. Tra le righe si legge molto più di quanto sembri. Analizziamolo nel dettaglio. Il Sig. Dombrovskis esordisce dicendo che il “settore finanziario è stato stravolto da 10 anni a questa parte e maggiormente col covid”, e che ciò ha anche accelerato l’avvento di alcune tendenze che stavano già rimodellando le nostre economie e società. Specifica chiaramente che “la pandemia ha reso il sistema di tassazione inadeguato ai NOSTRI obiettivi e ambizioni”. In quale chiave semantica l’ha usato quel pronome possessivo? Non certamente le esigenze della popolazione media: “ il sistema attuale non riflette le nostre priorità circa la transizione ecologica e digitale”. Sicuramente, in un momento di grave crisi sociale e di impiego il nostro primo pensiero non va certamente alla digitalizzazione o al cambiamento climatico, che già è in atto da tempo, al quale tutto il mondo non si è mai adeguato. Incipit ripetuti più volte nel documento del G30 (già tradotto e analizzato) e nel Recovery Plan, ove la maggior parte dei fondi guarda caso è riservata solo a queste due voci...mentre alla sanità sono riservati, nel nostro piano nazionale, solo 14 mld ( a fronte di 37 mld di avanzo primario dal 2010 ad oggi). E come troveranno risorse per i settori più dilaniati dalla crisi? Facile, “creando nuovo gettito per il finanziamento degli investimenti pubblici in infrastrutture e sanità, in modo equo e sostenibile”. Non che i Recovery siano regalati, anzi, sono un grande piano di prestiti in buona parte costituiti da soldi che l’Italia versa annualmente nel bilancio UE in quanto primo contribuente, che al netto delle spese per il bilancio settennale europeo genera una perdita di 12 miliardi accertati. Risulta alquanto discutibile sperperare “finanziamenti” in ecologia e digitalizzazione anziché sanità, per la quale invece, in una fase di stagflazione, sarebbe deleterio aumentare la pressione fiscale. Ma si sa...ciò che dice l’Unione monetaria è legge. Volenti o nolenti. Il burocrate poi prosegue dicendo che in UE esistono 27 sistemi fiscali diversi che mettono in difficoltà le piccole imprese, e quindi “il cambiamento climatico comporterà non solo il cambiamento nelle persone ma anche una strategia fiscale funzionale”. Si cercherà di aumentare la trasparenza sulle grandi imprese, impedendo che queste costituiscano società di comodo a fini fiscali (in una UE ove sono presenti dei paradisi fiscali quali Stati membri), sì da proteggere dagli shock economici le società/imprese con un capitale-base forte. E come, secondo lui, si rendono le imprese più forti se le tassano? Con l’Unione dei mercati dei capitali, per fornire alle imprese “accesso ad alternativa fonti di finanziamento per rendere più stabile il sistema finanziario europeo”. Quando il Covid diventa un gattopardo: cambiare tutto per non cambiare nulla. Si pensa sempre ai ‘mercati’ e meno alle persone. Ed è a questo punto che parla di B.E.F.I.T. (Business in Europe Framework for Income Taxation), gli acronimi sono molto funzionali a distogliere l’attenzione, col quale Egli - rectius Loro - si prefigge di:

creare un regolamento comune per i gruppi di società operanti nel mercato unico;

ridurre ostacoli agli investimenti transfrontalieri;

tagliare i costi di conformità;

garantire gettito fiscale affidabile e prevedibile.

Infine, Egli conclude auspicando ad un accordo a breve sulla tassazione internazionale delle imprese, la cui bozza parla di cedolare fissa e bassa anche sulle imprese grandi e multinazionali, per avere un quadro fiscale stabile, chiaro e con regole univoche, e ‘sostenibile’, anche al fine di “aiutare le imprese danneggiate dal covid”. Il tutto per adattarsi ad una “nuova e moderna economia”. La prima considerazione pratica è semplice: se l’Unione non è pienamente sovrana in materia fiscale, essendo solo un Ente sovranazionale e non uno Stato federale (ad esempio gli USA) questa tassa sarà vagliata dai singoli Stati membri. D’altronde l’IVA è un’imposta dettataci negli anni ‘70 dalla vecchia CEE. La seconda considerazione è: possibile che questa ‘emergenza sanitaria mondiale’ non abbia illuminato tali menti a ritenere che l’austerità non giova in un momento in cui si registra un calo del PIL europeo, a dispetto delle regole basilari della macroeconomia?La terza ed ultima considerazione: quando si parla di trovare altre fonti di finanziamento nel mercato dei capitali significa riferirsi al mercato finanziario, appannaggio esclusivo delle grandi Corporates, cioè le uniche società ‘forti’ in un momento del genere, difficilmente accessibile alle piccole o micro imprese a gestione familiare?Lo stesso Dombrovskis, qualche giorno dopo, ha annunciato che nel 2023 ritornerà operativo il Patto di Stabilità, facendoci capire che le spese oggi sostenute a debito non saranno escluse, ma dovremo effettuare nuovo avanzo primario, cioè tagli lineari a servizi essenziali e nuove tasse (appunto), per ‘coprire’ questo deficit e rientrare nel fatidico parametro arbitrario del 3%. Come sempre, solo il tempo ci darà le giuste risposte eccetto a chi già le conosce (e lo disse anche un anno fa) e osserva inesorabilmente il loro verificarsi.

Luigi Brigante