La presidente della commissione Lavoro del Senato: "Al ministro Franco dirò che si tratta di una misura necessaria. Nella Manovra stanziate risorse non sufficienti, vanno trovate. Intollerabile che i lavoratori della cultura siano pagati pochi euro. La battaglia sul salario minimo va avanti"

Fase di stallo al Senato per il disegno di legge delega sullo spettacolo. Il provvedimento, in sede referente nelle commissioni Cultura e Lavoro, è al vaglio della commissione Bilancio che in settimana ha bocciato nove emendamenti su 47 presentati e, soprattutto, ha stoppato il punto cruciale del testo: l'indennità di discontinuità per i lavoratori del settore. La 5a in un primo momento aveva espresso la propria contrarietà anche all'emendamento presentato dai relatori Roberto Rampi (Pd) e Nunzia Catalfo (M5S), poi ha voluto lasciare aperto uno spiraglio riformulando il parere. Di fatto la Bilancio ha deciso di accantonare il tema invitando le commissioni Cultura e Lavoro, di concerto con il Mef, a trovare una soluzione sulla mancanza di risorse per il ddl in generale e sull'indennità di discontinuità in particolare. I presidenti delle due commissioni referenti, Riccardo Nencini (Psi) e Susy Matrisciano (M5S), si sono immediatamente attivati inviando una lettera al ministro dell'Economia, Daniele Franco. AgenziaCULT ha intervistato la presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama per fare il punto della situazione.

Senatrice Matrisciano, può riferisci qualche passaggio della lettera al ministro Franco ed esporci la sua posizione in merito al nodo relativo all'indennità di discontinuità?

"Nella missiva inviata al titolare del Mef è stata chiesta con urgenza la convocazione di un incontro per affrontare il nodo legato alle risorse da stanziare per finanziare l'indennità di discontinuità, che riteniamo una misura necessaria e non rinviabile e che i lavoratori dello spettacolo chiedono a gran voce. Il fondamento di questo 'nuovo' ammortizzatore sociale riguarda la natura stessa dell'attività di chi opera nel mondo della cultura e dei grandi eventi. Si tratta di una prestazione spesso intermittente e frammentata, che alterna periodi di lavoro a periodi, diciamo così, di fermo. La creazione di questo nuovo strumento andrebbe a colmare un vulnus, che la pandemia ha fatto emergere in modo lampante. Bisogna creare tutele omogenee e dire basta a un sistema che viaggia a due velocità e si fonda sulla dicotomia garantiti-non garantiti. La chiave di volta è puntare sull'universalismo delle tutele e dei diritti, ecco perché è così importante che queste risorse vengano individuate. E' una battaglia politica che porteremo avanti anche sul piano istituzionale".

Sono previste interlocuzioni tra lei e i ministri della Cultura e del Lavoro per sbloccare l'impasse e trovare quelle risorse che, a giudizio della commissione Bilancio, al momento non ci sono?

"I ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando sono informati perché sono i titolari dei due dicasteri di riferimento del provvedimento. Nella missiva, infatti, abbiamo chiesto che siano presenti".

Fino a ottobre-novembre scorsi il disegno di legge delega sullo spettacolo sembrava marciare spedito. Nelle commissioni Cultura e Lavoro si era arrivati praticamente all'esame degli emendamenti. Addirittura, pareva che il provvedimento potesse andare di pari passo con la Legge di Bilancio. Poi lo stop. Ora siamo quasi a marzo e c'è il problema delle risorse. Come si può uscire dall'attuale intoppo e che tempi prevede per il prosieguo dell'iter?

"Confidiamo nell'incontro con il ministro Franco, al quale va riconosciuta una tempestiva disponibilità ad organizzare un incontro come da noi richiesto. In Legge di Bilancio sono state stanziate risorse non del tutto sufficienti. Quindi, ci auguriamo che si possa trovare una soluzione efficiente e adatta a rispondere alle esigenze di questo comparto".

I dati Inps rivelano che nei primi undici mesi del 2021 sono stati attivati oltre 6,6 milioni di rapporti di lavoro nel settore privato (escluso il lavoro agricolo e domestico) e ne sono cessati più di 5,6 milioni. La variazione netta per i contratti a tempo indeterminato (assunzioni, più trasformazioni meno cessazioni) risulta positiva per 164.210 posti, mentre per quelli a termine è 497.467. Moltissimi lavoratori del mondo della cultura sono precari. Eppure, il nostro patrimonio culturale è una leva importantissima per la crescita.

"Purtroppo, al rimbalzo del Pil, nel 2021, non è seguito un rimbalzo dell'occupazione stabile. Questo è un tema sul quale bisogna riflettere. C'è stato un aumento degli occupati, ma se guardiamo alla tipologia dei contratti per oltre l'80 percento si tratta di lavoro a tempo. La ripresa non può avvenire sulle spalle di chi lavora, né può basarsi sulla precarietà. A mio avviso, bisogna invertire il paradigma e puntare sul lavoro di qualità, stabile, sicuro e retribuito. Alcuni strumenti a sostegno dell'occupazione stabile, in particolare di giovani e donne, il governo Conte II li ha previsti. Penso alla decontribuzione triennale per donne e giovani. Altri sono ancora da venire. Primo fra tutti è il salario minimo. Serve una legge. Lo diciamo da tempo. In alcuni paesi europei esiste già e anche l'Ue lavora a una direttiva. Penso alla Germania, dove il cancelliere tedesco Olaf Scholz in campagna elettorale ha proposto di elevarlo a 12 euro l'ora per contrastare la crisi innescata dalla pandemia, arginare l'inflazione e restituire potere d'acquisito ai lavoratori. O alla Spagna che punta a elevarlo a mille euro. L'Italia, invece, si muove al passo di un bradipo, su questo tema. Eppure, i salari nel nostro Paese sono fermi da 30 anni. Andando a noi, chi opera nel mondo della cultura sa bene di cosa stiamo parlando. In uno dei settori strategici per la crescita e il Pil, abbiamo migliaia di lavoratori iper-specializzati, laureati, penso ad archeologi, architetti, guide turistiche, operatori museali, che vengono pagati pochi euro, quando non prestano la propria attività gratuitamente. Tutto questo è intollerabile. In commissione Lavoro al Senato è già partito l'esame dei ddl sul salario minimo. Questa è una battaglia, che il M5S porta avanti dal 2013. Il ddl, presentato da Nunzia Catalfo, in materia di salario minimo e rappresentanza delle parti sociali nella contrattazione collettiva, di cui sono seconda firmataria e relatrice, restituisce centralità al ruolo dei sindacati, indicando criteri precisi di rappresentatività, e individua una soglia minima di dignità salariale, al di sotto della quale non scendere, per garantire a chi lavora mezzi adeguati per vivere, come prevede l'articolo 36 della Costituzione, combattere la povertà lavorativa e la concorrenza sleale".