Necessarie riflessioni coerenti su nuovi assetti di governance regionali. Al bando politiche inquinate da "collegiti" campanilistiche e insensati dualismi
Corigliano-Rossano/Crotone, lunedì 25 novembre 2024
Il dibattito sulla sintesi amministrativa e il prossimo referendum consultivo tra Cosenza, Rende e Castrolibero stanno catalizzando i pareri di Comitati spontanei ed esponenti delle Istituzioni sul tema. Tra favorevoli e contrari, la volontà di creare una Città demograficamente importante, che acquisisca un ruolo ancor più centrale nei processi regionali ed in generale negli assetti del Mezzogiorno d'Italia, è risultato palese sin da quando gli interessi del Consiglio regionale si sono concentrati sulla tematica.
Come Comitato, non abbiamo mai nascosto le nostre simpatie verso il progetto in questione e verso tutti quei processi volti alla necessità di avviare riforme sistemiche degli attuali assetti amministrativi regionali.
Tuttavia, dopo aver letto alcune sortite apparse sui social e poi corroborate da Rappresentanti delle Istituzioni, spiace prendere atto di alcune posizioni che esplicano uno scollamento dalla realtà in tema di nuove simbiosi amministrative.
Negli ultimi giorni è circolata in rete una locandina pubblicitaria a suffragio delle posizioni favorevoli al prossimo processo di fusione in val di Crati. Nelle tesi addotte, l'invito a votare "SI" al referendum poiché, in caso di vittoria del "NO", lo status di Capoluogo di Provincia potrebbe migrare dall'area valliva della Calabria verso lo Jonio. Alla base di tale bizzarra teoria, la maggiore dimensione demografica e territoriale di Corigliano-Rossano rispetto a Cosenza. Affermazioni singolari, infondate e del tutto fuori luogo e che, probabilmente, sarebbero anche passate inosservate se non fosse per il fatto che a rilanciarle sia stato il Senatore Occhiuto. Ma ancor più inspiegabili appaiono le dichiarazioni comunicate in un dispaccio dal Senatore Antoniozzi. Costui, infatti, si fa promotore dello stravagante concetto secondo cui il tentativo jonico di cercare una nuova dimensione territoriale rappresenti un'alzata di scudi campanilistici verso Cosenza.
Prescindendo dal fatto che i processi di natura amministrativa non andrebbero trattati come fossero pinzillacchere, riteniamo che agli uomini di Stato dovrebbe appartenere un certo aplomb istituzionale. Aizzare i cittadini bruzi allo spauracchio — su una fusione che oltretutto è già scritta — non dimostra particolare acume. Vieppiù, instilla nella mente degli indecisi una propensione al "NO" data la carenza di argomentazioni coerenti — che pur non mancherebbero — a suffragio del "SI".
Ciò che però meraviglia, ma che al contempo comprova quanto sosteniamo da anni, non sono le discutibili tesi dell'Establishment bruzio che proiettano Cosenza verso la Grande Cosenza, additando allo Jonio sentimenti separatisti. Piuttosto, l'immobilismo istituzionale della Politica jonica. Incapace, quest'ultima, di aprire una seria discussione finalizzata a costruire nuovi perimetri amministrativi, ottimali e omogenei, fatto salvo impantanarsi su sterili idee di piccolo cabotaggio e provincette dalla risibile dimensione demografica.
D'altro canto, sarebbe fuori discussione immaginare che il passaggio del Capoluogo da una Città a un'altra possa essere liquidato sulla base di mere questioni demografiche. Se così fosse, Busto Arsizio, Gela, Marsala, Sanremo, San Benedetto del Tronto, Civitanova Marche sarebbero già Capoluogo da un pezzo. Le richiamate Città, infatti, al pari di Corigliano-Rossano rispetto a Cosenza, risultano demograficamente più rappresentative dei rispettivi Capoluogo.
Parimenti, i tentativi di costruzione di una nuova dignità territoriale in riva allo Jonio, non possono essere marchiati di atteggiamenti separatisti verso Cosenza.
L'area jonica e quella valliva rappresentano contesti geografici distinti e distanti; territori che vivono di diversi tipi di economie e mai amalgamati per interessi comuni. Parlare di competizione, quindi, fra contesti diversi risulta assolutamente anacronistico e non aiuta la Calabria a crescere per diventare una Regione coerentemente europea. Alimenta, al contrario, stucchevoli dualismi finalizzati a non modificare il alcun modo lo stagnante status quo.
La Grande Cosenza come preambolo a una nuova riforma sistemica degli ambiti regionali
La Città di Cosenza, caratterizzata da fenomeni politici che affondano radici nei principi cardine del centralismo storico, potrebbe finalmente aprirsi, almeno alle comunità contermini, a una visione inclusiva e non più schiacciata su se stessa. La Città, infatti, ha accentrato negli anni l'inverosimile, rendendo sterili i territori dirimpettai e facendo terra bruciata degli ambiti lontani dal baricentro bruzio.
Il progetto di fusione amministrativa a Cosenza, in funzione di una razionalizzazione del numero dei Comuni e nell'ambito di una prospettiva di riassetto della Calabria, può diventare volano di svolta, ma solo se accompagnata da una nuova governance del territorio regionale. I processi di tale natura, infatti, possono concorrere a realizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e compatibile con le uniche risorse certe della programmazione europea e di quella emergenziale del Recovery.
La rinnovata funzione della Città bruzia modificherebbe la geografia dei luoghi. I vantaggi di tale operazione avrebbero ricadute positive non già per l'ambito strettamente cosentino, quanto per tutta l'area del Pollino-vallivo e della striscia alto-tirrenica che da Amantea lambisce la Lucania. Cambierebbero e si bilancerebbero i rapporti politici tra l'area valliva del Crati e dell'Istmo, nonché con l'ambito jonico. Si darebbe peso specifico e spessore al neonato collegio camerale che ha voluto l'area di Cosenza assemblata a quella dell'Appennino paolano. Si realizzerebbe, quindi, una situazione similare a quella avvenuta su Corigliano-Rossano che, conseguentemente il processo di fusione, ha posto il nuovo Comune in una posizione di sussidiaria interdipendenza con Crotone e punto di smistamento tra i flussi jonici, tirrenici ed adriatici.
L'idea progetto cosentina, parallelamente a proposte di unioni e fusioni tra Comuni contermini e rimodulazione dei contesti provinciali calabresi, dovrebbe favorire una riforma territoriale finalizzata a riscrivere la storia degli ambiti vasti della Calabria. Individuare contesti territoriali e demografici omogenei, inquadrati nella forbice demografica compresa tra 350/450mila ab., consentirebbe di rispettare le prescrizioni raccomandate del DL 56/14 (Delrio). Vieppiù, si preparerebbero i presupposti per il superamento dei limiti imposti da quest'ultima legge, avviando una profonda riforma sistemica che permetterebbe alla Regione di essere competitiva sul piano nazionale ed europeo svolgendo un suo ruolo nell'ambito della Macroregione mediterranea. La Calabria, quindi, si rilancerebbe quale naturale baricentro mediterraneo tra l'area del Medio Oriente, i Paesi Africani e la via Atlantica. L'auspicata riforma dovrebbe essere varata per mettere in condizione la Regione di marciare spedita sul binario del PNNR, nonché dei Fondi comunitari della programmazione 2021-2027.
Entrambi, infatti, risultano in sintonia con la principale politica di investimento dell'Europa: la coesione territoriale. La stessa che mette al centro il territorio sostenendone la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell'ambiente. I suoi vantaggi, dunque, sono direttamente proporzionali alle aggregazioni territoriali.
Abbandonare i sentimenti campanilistici per aprirsi alla visione e alla prospettiva
È giunto il tempo di abbattere gli steccati e liberarsi dalle polemiche che non portano a nulla, ma che alimentano solo divisioni. Se davvero vogliamo il bene della nostra terra, dobbiamo pensare a un progetto che metta insieme tutte le forze, che superi scomposizioni e costruisca ambiti forti, capaci di rispondere alle esigenze di chi vive sia nelle valli che sulle coste.
I Senatori Occhiuto e Antoniozzi, con le loro dichiarazioni, ci pongono di fronte a una realtà che non possiamo più ignorare: i territori hanno bisogno di grandi visioni che vadano oltre le sterili polemiche. Si realizzi, pertanto, la Grande Cosenza, ma si dia vita anche a una grande Provincia dell'Arco Jonico che veda protagoniste Corigliano-Rossano e Crotone, per disegnare una Regione che guardi al futuro con orgoglio e forza.