il luogo dell'omicidio di Giovanni Gualtieri |
E’ la volta della arringhe conclusive degli avvocati difensori degli imputati nel processo per l’omicidio di Giovanni Gualteri, ucciso a Lamezia il 13 novembre 2004. L’omicidio avvenne in una sala giochi nel quartiere Razionale di Lamezia Terme e l’uomo, cognato di Pasquale Torcasio, fu freddato con cinque colpi di pistola. Davanti al Gup Pietro Carè, nel processo che si sta celebrando secondo il rito abbreviato al Tribunale di Catanzaro, sono otto gli imputati, tutti affiliati alla cosca Giampà , ritenuti, a vario titolo, coinvolti in questo delitto.
A discutere oggi, in aula, gli avvocati Aldo Ferraro e Francesco Pagliuso. Il primo per la posizione di Vincenzo Arcieri e il secondo per quella di Vincenzo Bonaddio. Al culmine delle loro discussioni, entrambi i difensori hanno chiesto per i loro assistiti l’assoluzione, poiché gli imputati hanno negato il loro coinvolgimento nell’omicidio. Assoluzione chiesta anche dall’avvocato Francesco Gambardella per due dei suoi assistiti, Pasquale Giampà e Maurizio Molinaro. Per Giampà , imputato perché ritenuto uno dei membri della cosiddetta Commissione della cosca Giampà e quindi, uno dei mandanti dell’omicidio, l’avvocato ha chiesto l’assoluzione.
Per quanto riguarda Maurizio Molinaro, l’accusa gli contesta il “concorso post factum”, cioè di essere andato a prendere l’esecutore materiale dell’omicidio. Molinaro ha confessato per tutti gli altri fatti che gli vengono contestati ma, per questo in particolare, ha proclamato la sua innocenza e, per questo motivo, il suo legale ha chiesto l’assoluzione a fronte dei 18 anni di pena chiesti dal Pubblico Ministero Elio Romano.
Domenico Giampà ha, invece, confessato, ammettendo le sue colpe, già in fase d’indagine, prima ancora che iniziasse il processo. Il suo difensore, l’avvocato Pino Spinelli, nel corso della sua discussione ha, quindi, chiesto le attenuanti generiche per la mitigazione della pena. Attenuanti chieste anche dai legali di Aldo e Gianluca Notarianni che, invece, hanno confessato nella scorsa udienza, ammettendo le proprie responsabilità e confermando, quindi, le accuse mosse dagli inquirenti.
L’udienza è stata rimandata al prossimo 29 aprile, quando l’avvocato Viscomi concluderà le arringhe degli avvocati con la discussione della posizione di Antonio Voci, accusato di ricettazione aggravata dal metodo mafioso perché avrebbe procurato l’autovettura usata materialmente dai killer per l’esecuzione dell’omicidio. Il 29 aprile, concluse le discussioni, sarà probabilmente anche la lettura della sentenza. Il Pubblico Ministero Elio Romano aveva chiesto, complessivamente, quasi due secoli di carcere, con la pena più bassa fissata a sei anni e quella più alta a 30 anni di carcere