Covid-19, e se dal contagio nascesse il sogno di un diverso futuro per la Terra?
Se lo chiede lo psicologo Fabrice Olivier Dubosc nel suo
ultimo volume, che dedica alla pandemia un intero capitolo ricco di
interrogativi. Con l’auspicio che i giorni del contagio sappiano convincerci a
cambiare rotta
Nel volume viene ricordato come da anni l’Organizzazione
mondiale della sanità preveda lo scatenarsi di una pandemia, mettendo tale
timore in correlazione con quella “crisi radicale dell’ambiente”, causata da
modelli di sviluppo e di consumo a cui bene o male aderiamo tutti. Allora, per
Dubosc, la sfida diventa “quella della re-invenzione di un’etica collettiva
condivisa”. Analogamente dalla paura di una crisi profonda che tocca non solo
la salute e la sopravvivenza individuale, ma anche la fine del nostro modello
di sviluppo, della stessa specie umana e del pianeta, “emerge forse in nuce un
inconscio ecologico, che ci dice che da questa nostra collusione è stato
violato e ci chiede di riequilibrare le cose?”.
Insomma, dopo anni, di retorica sulla necessità di proteggere
le comunità contro una invasione dei confini, siamo ora di di fronte a un virus
che si propaga rapido senza alcun rispetto per le frontiere. “Di fronte alla
crisi ecologica, le frontiere immunitarie sono destinate allo scacco”, nota l’autore,
invocando la necessità di “visioni a un tempo critiche e cliniche per trovare
alternative al modo con cui i saperi si intrecciano e sovente legittimano le
forme del controllo sociale”. E allora la domanda di fondo diventa: “è
possibile, ha senso tornare a sognare la Terra, il mondo, anzi i mondi, e il
loro futuro?”.
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