
«Con il nuovo decreto che contiene ulteriori misure
urgenti in materia di detenzione domiciliare e permessi ai detenuti, il governo
tenta di mettere una pezza al disastro delle scarcerazioni dei boss mafiosi con
il pretesto del coronavirus, introducendo un macchinoso sistema di richieste
pareri e di comunicazioni che sembra finalizzato più a scaricare la
responsabilità delle decisioni che a rendere chiaro ed effettivo un principio
molto semplice: un capomafia recluso al 41bis non può tornare a casa perché c’è
il rischio astratto che possa essere contagiato». È quanto affermano il
segretario della Commissione antimafia Wanda Ferro e i deputati di Fratelli d'Italia
in Commissione Luca Ciriani e Antonio Iannone. «Non solo il governo non
dice una parola sulla possibilità di adeguare il sistema penitenziario alla
necessità di garantire in pieno la salute e la sicurezza dei detenuti -
spiegano i parlamentari dell'Antimafia - quanto cerca di deviare
l’attenzione dalle proprie gravi responsabilità per le numerose scarcerazioni
che si sono susseguite nelle scorse settimane. Neanche durante la trattativa
tra Stato e mafia le cosche avrebbero puntato ad ottenere tanto, mentre decenni
di lotta alla mafia sono stati mandati in fumo dal governo davanti ai primi
focolai di rivolta nelle carceri, probabilmente fomentati proprio dalla
criminalità organizzata. Noi di Fratelli d’Italia abbiamo da subito denunciato
le gravi responsabilità del ministro della giustizia Bonafede e del direttore
del DAP, che abbiamo chiesto di ascoltare in Commissione antimafia, e non a
caso oggi Basentini ha rassegnato le dimissioni». «Se avesse voluto
davvero porre un freno alle scarcerazioni - concludono Wanda Ferro, Luca
Ciriani e Antonio Iannone - avendo l’onestà di ammettere i propri errori
anziché scaricare le responsabilità sui magistrati di sorveglianza, il governo
avrebbe dovuto semplicemente intervenire alla fonte e cancellare con un
tratto di penna l’articolo 123 del decreto “Cura Italia”. Una norma
“svuota carceri” che, attraverso lo scioglimento del cumulo e a tempistiche che
impediscono una effettiva attività istruttoria, ha inevitabilmente portato
alla concessione del beneficio della detenzione domiciliare, in maniera
pressoché automatica e indiscriminata, anche ai mafiosi e a chi si è macchiato
di reati gravissimi»