Possibili infiltrazioni mafiose nel settore dei tagli boschivi, correlato alla fornitura di materiale per le centrali a biomasse. E’ l’ipotesi al vaglio del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Veronica Calcagno che ha spedito i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Catanzaro ad acquisire una serie di atti alla Cittadella regionale, comparto Forestazione, in vari Comuni della Presila Catanzarese e al Comando forestale dei carabinieri di Taverna a caccia di riscontri su presunti guadagni illeciti nel taglio di alberi e piante e violazione dei vincoli paesaggistici.
L’affare dei boschi.  I militari, delegati alle indagini stanno verificando se i tagli effettuati sono in numero superiore rispetto alle autorizzazioni (Scia) rilasciate dalla Regione Calabria. L’inchiesta mira ad accertare l’esistenza di un affare dei boschi con illecite  aste boschive per poter lucrare sulla vendita del legame e sullo scippato da biomasse. L’altopiano della Sila e suoi boschi sono zone franche, scevre da controlli, facili prede per la ‘ndrangheta.
Gli interrogativi. Per effettuare i tagli boschivi, la Regione rilascia lo Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) ed entro 30 giorni si ha il permesso ai tagli, previa motivazione. Questo legname venduto alla centrale a biomasse  a sua volta può contare solo su una filiera controllata. E qui il nodo da sciogliere. La Regione dà l’autorizzazione Scia, ma dove va a finire tutto questo legname? E questo legname arriva realmente alla centrale a biomesse? Il sospetto degli investigatori è che pervenga più ceppato rispetto a quello autorizzato.