ROMA – 23 OTTOBRE 2020. “E’ arrivato il momento di fare
una scelta di campo, se non ora mai più. Questi due anni e mezzo di governo
hanno segnato un momento cruciale per il Movimento 5 Stelle che, dopo due anni
e mezzo di legislatura al governo di questo Paese, tra il 14 e il 15 novembre
dovrà scegliere in quali vesti presentarsi agli elettori. Abbiamo deciso di
lavorare insieme ad Alessandro Di Battista per l’agenda 20/30 , perché come
gruppo sentiamo la necessità di riprendere i valori identitari del Movimento 5
Stelle e vogliamo continuare a contribuire alla crescita di quel laboratorio di
idee a cui da più di dieci anni il Movimento ha dato vita per costruire un
sistema alternativo a quello neoliberista monocolore, fuori dall’ipocrisia
delle ideologie di facciata, per realizzare quel sogno che ci unisce a 11
milioni di italiani di una società in cui nessuno rimane indietro, in cui la
sostenibilità ambientale, la scuola pubblica, la sanità pubblica, le piccole e
medie imprese, il diritto al lavoro, gli interessi di tutti i cittadini sono
l’obiettivo su cui si concentra l’attività istituzionale”. E’ quanto si legge
in una nota firmata da Bianca Laura Granato, Luisa Angrisani, Barbara
Lezzi, Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato, Ignazio Corrao, Mari Muscarà, Anna
Lucia Grimaldi, Eleonora Evi, parlamentari, amministratori e attivisti del
Movimento 5 Stelle.
“Lo sconcerto che ha prodotto in noi l’ipotesi ventilata da
alcuni di legare il Movimento strutturalmente ad un partito di establishment
come il PD, ci ha spinto ad assumere una posizione pubblica, a fare una scelta
di campo, pur senza mettere in discussione il sostegno al governo. Facciamo
questo per senso di responsabilità, non certo per spirito di contraddizione o
di contrapposizione a qualcuno. Ci si confronta sul piano delle idee e delle
opinioni, mai su quello personale quando si fa parte della stessa squadra – si
legge ancora nella nota -. Non possiamo dimenticare che l’impegno politico che
abbiamo assunto di fronte ai nostri elettori il 4 marzo 2018 era su temi che
perlopiù andavano a contrapporsi alle misure introdotte dal Partito Democratico
nella precedente legislatura e questo accordo di governo già limita fortemente
il raggiungimento di quegli obiettivi politici, ancor di più dell’accordo
raggiunto nel Conte 1 sia per effetto del numero delle forze politiche
coinvolte che per la modalità che ci pone in una posizione di pariteticità
anche con chi rappresenta appena lo 0, 2% dell’elettorato, mentre sarebbe stato
più costituzionalmente legittimo individuare una formula che rispecchiasse il
peso delle rappresentanze politiche nelle due camere, senza dimenticare che, se
abbiamo avuto perdite di parlamentari, in molti casi è dipeso anche da questo.
Chiaramente gli effetti del Rosatellum sulla nostra possibilità di mandare a
segno i nostri obiettivi tematici, sono stati determinanti, ma i risultati
elettorali delle ultime tornate non conducono certo al dato che gli elettori
abbiano cambiato idea sui programmi del 2018, al contrario, conducono al dato
che abbiano perso fiducia in noi e nella politica in generale”.
“D’altronde l’analisi attenta degli esiti delle ultime
tornate elettorali conferma che tra le cause dei deludenti risultati raggiunti
(che tali sono anche quando il Movimento 5 Stelle si è presentato in coalizione
con il PD), oltre alla carenza di sufficiente attecchimento del Movimento sui
territori, vi è anche la rimonta dell’astensionismo che è stata il frutto della
rinuncia obbligata ad alcuni temi, quindi del venir meno del voto di opinione –
scrivono ancora Bianca Laura Granato, Luisa Angrisani, Barbara Lezzi,
Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato, Ignazio Corrao, Mari Muscarà, Anna Lucia
Grimaldi, Eleonora Evi -. Legarsi strutturalmente ad un partito di
establishment significa, inutile negarlo, necessariamente doverne adottare le
metodologie (poltrone e non temi), conformarvi gli intenti e soprattutto, cosa
ancora più grave, mandare agli undici milioni di elettori che ci hanno dato
fiducia il 4 marzo 2018 il messaggio devastante che nessun cambiamento in
Italia è possibile, perché anche chi era nato per opporsi alla “casta”,
diventato anch’egli casta, ritiene che ciò che fino a ieri era il male
peggiore, oggi sia il miglior partito possibile. E’ come se per un’unghia
incarnita si individuasse come rimedio quello di tagliare entrambe le gambe per
dover camminare sulle gambe di qualcun altro. Ma un qualsiasi partito di
sistema presterebbe mai le sue gambe per far camminare noi e i nostri progetti?
C’è qualcuno disposto a crederci? Perché solo questo potrebbe essere un motivo
accettabile e onesto per un’alleanza strutturale con un partito di
establishment. A noi che avremmo dovuto essere il motore del cambiamento per i
vecchi partiti viene proposto come rimedio al rischio di scomparire quello del
suicidio programmato: tornare al falso dualismo ideologico che sappiamo
benissimo lavorare sotto l’unica bandiera neoliberista, rispetto alla quale
oggi noi siamo la sola ed unica alternativa rappresentata nelle istituzioni.
Chi infatti sente oggi il bisogno di un altro partito di sistema? Il
nostro patrimonio elettorale andrebbe direttamente disperso nell’astensionismo,
noi scompariremmo e il nostro laboratorio di idee per dare un’alternativa vera
a questo Paese scomparirebbe con noi”.
“A chi ci vuole condurre a tale cambio di rotta adducendo a
pretesto i risultati elettorali nelle tornate amministrative finora disputate
l’unica risposta da dare è che la soluzione a portata di mano che potrebbe
realmente dare una svolta sarebbe quella di favorire l’attecchimento del
Movimento nei territori, attraverso delle strutture anche fisiche
individuabili, attraverso figure di supporto tecnico, legale e comunicativo a
beneficio sia dei comitati che dei portavoce locali (consiglieri comunali,
regionali, sindaci) – conclude la nota -. Perché nessun portavoce del Movimento
o attivista deve essere lasciato solo a combattere contro un sistema che
inevitabilmente lo respinge, altrimenti nessuno vorrà mai candidarsi alle
amministrative, nessuno lavorerà sui territori e nessuno comprenderà la portata
del nostro impegno e la tanto agognata rivoluzione culturale che avevamo in
mente morirà con noi. Una struttura costituita anche da comitati senza scopo di
lucro, può valorizzare il lavoro degli attivisti, metterne in risalto le
capacità, le competenze, consentire alla società civile di apprezzarne le
qualità e fa sì che non venga meno la scelta dal basso dei candidati, facendo
in modo che venga eseguita anzi dagli iscritti con cognizione di causa, che si
riempia di significato, che consenta un ricambio consapevole della classe
politica nelle istituzioni fuori dai due mandati ammessi, più al massimo uno
comunale. Al vertice del Movimento comunque dovrà esserci qualcuno che non
ricopra incarichi negli esecutivi nazionali o regionali. Le soluzioni ci sono già,
a prescindere dalla leadership collegiale o monocratica, che solo relativamente
è importante, non è necessaria una metamorfosi che alteri il DNA del Movimento
5 Stelle, bastano semplici piccoli correttivi all’organizzazione che già
esiste, per dare una svolta significativa ai risultati elettorali sui
territori, basta tenere distinta la governance del Movimento da chi riveste
ruoli di Governo, basta rimanere sui principi originari per dare nuova linfa
vitale e riaccendere la passione e l’interesse degli attivisti a dare il meglio
di sé, trascinando altri, e riportare il Movimento 5 Stelle ad essere la vera
alternativa”.