CATANZARO – 26 GIUGNO 2021. “Spero con questa mostra di aver dato una piccola parte di poesia”. L’artista Max Marra arriva a Catanzaro dopo un percorso accidentato ma il peso dell’attesa di ripaga. Potrà essere visitata fino al prossimo 7 settembre al Museo delle Arti di Catanzaro la mostra la retrospettiva di Marra dal titolo “Max Marra. L’inquieta bellezza della materia” inaugurata ieri pomeriggio al termine della conferenza stampa tenuta nella sala panoramica della struttura culturale di proprietà della Provincia di Catanzaro, nel cuore del capoluogo di regione.
Promossa
dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro e dalla Fondazione Rocco
Guglielmo, l’esposizione, curata da Teodolinda Coltellaro, attraversa
analiticamente il lavoro dell’artista permettendo di ricostruirne la
sostanzialità linguistica nella raffinata dimensione espositiva museale.
Alla
conferenza stampa, assieme all’artista e alla curatrice, il presidente della
Fondazione omonima, Rocco Guglielmo, direttore artistico del Museo, e
l’architetto Giovanni Ronzoni che ha curato il progetto
architettonico della mostra, hanno introdotto il pubblico che è tornato a
animare le accoglienti sale del museo, verso il percorso espositivo che
presenta ben 115 opere, tra cui 41 provenienti da collezioni pubbliche e
private, comprendenti due assemblaggi polimaterici, una installazione e 38
“Timbriche” impaginate come opera unica.
A
fare gli onori di casa, il direttore della rete museale e dirigente del settore
della Provincia di Catanzaro, Gianmarco Plastino , che ha illustrato
anche lo stato dell’arte dei lavori di ristrutturazione del Museo.
“Ancora
una volta l’artista non offre certezze, ma dubbi e occasioni importanti di
riflessione. La mostra di Marra dimostra come l’arte sia un’àncora di salvezza
per tempi martoriati come i nostri - ha detto il presidente della
Fondazione, Rocco Guglielmo -. L’esposizione, ha proseguito rappresenta il
progetto di inclusività che ha sempre contraddistinto il Marca, cioè di
abbandonare i canoni tradizionali delle esposizioni, facendone un luogo di
aggregazione e promozione culturale». Guglielmo ha ricordato che il complesso
monumentale San Giovanni ospita cinque opere di Marra nell’ambito della
mostra dedicata a Marc Chagall, concretizzando la creazione della rete tra
musei.
“E’
la mia lettura di un percorso filologico espositivo, che rompe gli schemi
tradizionali, che ricorda quasi quelli di un elettrocardiogramma”, ha
spiegato invece l’architetto Ronzoni spiegando come si arriva ad
impreziosire il tutto con una sezione fotografica che propone una ulteriore
storicizzazione attraverso scatti di amici artisti che hanno ritratto Marra, e
una bibliografia di esposizioni e accrediti in prestigiose location in Italia e
all’estero, da Tokyo a Guangzou, da Bruxelles a Sofia in Bulgaria.
Secondo
Giorgio Bonomi, autore insieme a Coltellaro dei testi presenti in
catalogo, l’arte di Marra “è in continua ricerca e in incessante elaborazione
senza, peraltro, cedere mai nell’eclettismo o alla provvisorietà, dato che è
proprio la “ossessiva” attenzione alla materia e ai materiali la costante, il filo
rosso che lega il suo quarantennale iter artistico”.
Il
lavoro ripercorrono l’arte di Marra, attraverso le sue fasi a partire dagli
anni ’80, quando l’artista cosentino – originario di Paola – si trovava in
Lombardia, provenendo dalla sperimentazione dell’organicità della materia e
delle possibilità comunicative date dal segno grafico, e realizzando la serie
“Scarti e recuperi”, nata da materiali di recupero, protagonista di alcune
collettive organizzate dal poeta amodale Luigi Bianco, fondatore di Open Art.
E’ con lui – e con Mario De Leo, Nicola Frangione, Giuseppe Lotito, Ovidio
Piras, Flavio Piras e Franco Reggi – che fonda il collettivo Osaon, un
movimento sperimentale in cui «si intrecciano e contaminano i linguaggi di
poesia, scrittura, gestualità, performance e musica», in uno spazio
autogestito. Quello che la curatrice Coltellaro fa, con la selezione delle
opere di Marra esposte al Marca, è evidenziare il filo conduttore, un
riflessione sulla condizione dell’uomo, attraverso il percorso di evoluzione
dell’artista, con i punti si svolta di Marra come tappe lungo il cammino che
scandiscono l’approdo, attraverso i Pacchetti e le Pance ferite, alla
metafisica delle Timbriche.
“E’
una materia inquieta, tormentata - afferma Coltellaro - che assomma in sé
l’angoscia, la tragicità del vivere, le ansie, le sofferte decisioni della vita
morale. L’artista ne cuce le lacerazioni, invocando la cicatrizzazione della
pelle sofferta, squarciata da violente ferite, percorrendo il corpo dell’opera
con un colore gravido di sofferenza”.
Marra,
calabrese doc racconta della sua infanzia e delle corse sulla spiaggia di
Paola, di quando parlava con i pescatori e del papà che lavorava per le
Ferrovie dello Stato, al quale dice di dovere tanto per gli insegnamenti
tramandati. “La mia sensibilità arriva da molto lontano – spiega Marra -.
D’inverno mi avvicinavo per sentire storie dei pescatori, mentre con la pece e
la stoffa curavano le ferite delle barche, vere anime vive, che si aprono
durante l’inverno. La materia erano la juta con cui coprivano le barche, le
reti. All’epoca non ci facevo caso, ma sono cose che mi sono rimaste dentro”.
Ad
arricchire il percorso introduttivo, prima del taglio del nastro, le letture
del testo del critico Luigi Bianco e del catalogo, Patrizia Fulciniti e Gianni
Paone dell’associazione culturale “Terra di Mezzo”.