Superata la sindrome di "Penelope" il nostro paese tornerà a crescere.
Una delle figure più belle e suggestive della mitologia greca è quella di Penelope, la fedelissima moglie di Ulisse che per vent'anni aspettò il marito errante per il mondo e di ritorno dalla guerra di Troia.
La bella Penelope, per sfuggire alle pretese dei Proci, che intanto avevano occupato la reggia e che volevano per uno di loro la mano di lei, escogito' un espediente per prendere tempo: si sarebbe concessa in sposa ad uno di loro non appena avesse terminato il lavoro di una tela che lei stessa tesseva di giorno e sfilava di notte, nella speranza che il suo amato sposo tornasse.
Penelope, così come Ulisse e Achille, non è un personaggio storico ma un mito, ossia un racconto che serve a chiarire aspetti fondamentali dell'esperienza umana. Come tale, ha una pluralità di significati e si presta a diverse interpretazioni. Per alcuni Penelope è Simbolo di una donna che resta fedele, più che ad un uomo concreto, ad un uomo che è solo nella sua mente. Ma fare e disfare può significare anche fare chiarezza in se stessi.
Nel mito di Penolope, in scritti anche moderni, alcuni hanno trovato un significato politico, nel senso che Penelope rappresenta una società statica, che non progredisce, dove niente di ciò che comincia finisce, e non andare avanti vuol dire tornare indietro. Una società senza fiducia nelle sue capacità, ostaggio dell'apatia o della rassegnazione, e' una società destinata all'immobilismo, in cui ogni tentativo di cambiamento viene boicottato. Quali le cause, se ci riferiamo alla situazione italiana, al nostro Meridione e, in modo particolare, alla nostra Calabria? Non è facile districarsi in un simile labirinto ma una cosa è certa: oggi non si pensa più alla storia e alle generazioni e tra la paura di sbagliare e l'incompetenza dilagante la sindrome di Penelope continua ad inibire il progresso e lo sviluppo.
Potremmo dire che oggi mancano le grandi idee, perché le idee non sono quelle dell'iperuranio di Platone ma, come diceva Hegel, le idee camminano con le menti e i piedi degli uomini. Allora dobbiamo concludere che non ci sono grandi uomini, non ci sono grandi menti, non ci sono grandi statisti. È vero, però, che la politica è l'espressione della società. E se la società è statica, sfiduciata, rassegnata perché per secoli ha vissuto sottomessa e senza voce, anche la classe politica sara' affetta dalla stessa inettitudine. Questo è il vero male! Ma non bisogna disperare e occorre ritrovare le energie e le motivazioni per ricominciare. E ispirandomi a Dumas nel "Il Conte di Montecristo", concludo così, con questo auspicio: "Dobbiamo sperare che la situazione cambi e sorgano uomini capaci di iniziare questa immane opera di miglioramento e di rigenerazione."
Buona domenica Orlandino Greco IDM