Perché "SANREMO" è Sanremo, la città dei fiori, riviera d'eccellenza, culla del Festival della Canzone Italiana, come un quadro perfetto, quella tela romantica su cui non manca proprio nulla. Sognando ad occhi aperti, ritorniamo a due settimane fa quando mezza Italia era incollata alla tv, spettatrice di Sanremo 2023, una kermesse canora o un prodotto culturale? Lo scoprirete solo leggendo.
Da padrone fanno le tematiche sociali o categorie spesso dimenticate dalla politica e dal mondo dell'informazione; di scena non più vallette come belle statuine ma donne che esprimo la propria persona e la propria professionalità attraverso manifestazione di pensieri, sempre più patriottico e meno internazionale puntando agli ospiti di casa propria a quello che L'Italia come paese può raccontare, cosa ha da offrire, dalle cose belle e meno belle. Ci è piaciuto o non c'è piaciuto?
Una Ferragni con vestiti funzionali all'immagine che voleva veicolare, dare un messaggio chiaro, forte e deciso; tessuti che riportavano scritte, nude look e accessori contro ogni tipo di violenza ai danni delle donne. Femminismo ovunque, come madre e donna, come professionista per l'autodeterminazione femminile, di contro una Chiara Francini con il suo monologo sull'essere a 40 anni ancora single, non sposata e non madre: non è una colpa. Il Festival contro la violenza sulle donne con la rete antiviolenza D.I.R.E., con il mettere a nudo la fragilità dell'adolescenza attraverso il monologo di Francesca Fagnani: una lettera dal carcere minorile, un modo, quello della co conduttrice, per parlare di prevenzione più che di repressione dei reati, del ruolo della scuola e delle condizioni delle carceri, tema sottolineato dalla presenza dei protagonisti della fiction "Mare Fuori" ripartito a bomba con la sua terza stagione. Che dire del il "no war" dietro la camicia di Grignani, o una Rosa Chemical con il suo look dall'io sono, contro la diversità, l'omologazione, la vergogna, l'amore libero o ancora, l'attore Angelo duro contro i moralisti?
Una Paola Egonu con le sue parole sulla pelle come "Ikigai" che significa essenza, un Fedez con una canzone contro la politica, un Benigni che recita la Costituzione a ricordarci che l'Italia ripudia la guerra ma poi scendiamo a compromessi; Pegah Moshir Pour, italiana di origine Iraniana, consulente e attivista dei diritti umani e digitali a raccontare che in Iran si rischiano fino a 10 anni di prigione se si balla per strada o si ascolta musica occidentale, insomma, un contenitore pianificato in modo strategico, in cui però ci si è dimenticati a dirla tutta di persone con disabilità, alcune delle quali non sono riuscite a ritagliarsi uno spazio sul palco dell'Ariston.
E la canzone? Inizialmente partita in sordina ma al secondo ascolto, fa capire che non si discosta dal trattare temi sociali come la depressione nelle sue varie forme, la violenza psicologica, i malesseri degli essere umani e i viaggi introspettivi. La lente d'ingrandimento sulla qualità di questo Sanremo ci fa vedere tutto con molta chiarezza, raccogliendo uno share di pubblico mai registrato, positivo e a detti di molti un momento atteso che non ha deluso.
Nessuna novità, in fondo, negli anni il Festival della Canzone Italiana non è stato solo una Kermesse canora, ma un vero e proprio prodotto culturale in cui, anche la canzone non è solo una canzonetta ma esprime un'opinione. Insomma, il Festival si fregia della responsabilità di affrontare insieme ai suoi telespettatori temi sociali di indiscutibile attualità, una live action della realtà, senza sapere mai cosa c'è di vero e cosa di costruito. Una certezza è il popolo sovrano, i dati parlano chiaro, perché Sanremo è Sanremo e per dirla alla Chiambretti: comunque vada sarà un successo e questo lo è stato ampiamente.
E con una canzone, isoliamoci dal caos del mondo: «Restiamo al buio avvolti solo dal suono della voce al di là della follia che balla in tutte le cose». Mengoni
Febbraio, 21 2023
Manuela Molinaro
Redazione Centro Calabria News